SIONISMO: IL COLONIALISMO ISRAELIANO TRA APARTHEID, PULIZIA ETNICA E GENOCIDIO
Ne parliamo con
Stefania Limiti, giornalista
Le origini della questione ebraica nel sionismo e la fondazione dello Stato di IsraeleDiana Carminati, già docente di Storia dell'Europa contemporanea all'Unviersità di Torino
Come si liquida un popolo. La normalizzazione dell'attivismo di solidarietà europeo di fronte al "Muro di ferro" sionista
Il genocidio in corso a Gaza, da molti letto come risposta, pur sproporzionata e criminale, all'azione della Resistenza palestinese del 7 ottobre, non è, in realtà, che l'ultima tappa del processo di colonizzazione operante in Palestina da oltre 75 anni. Nonostante fatti come quello del 7 ottobre possano averne accelerato l'attuazione, va compreso che la sua agenda è autonoma. L'obiettivo e il senso stesso dell'insediamento di un pezzo di Occidente in terra mediorientale, ovvero di uno Stato-guarnigione di coloni nelle terre dei nativi palestinesi, è stato e continua ad essere infatti duplice. Da un parte, esso è da sempre a garanzia degli interessi strategici dell'imperialismo occidentale a trazione statunitense nella regione: Israele, quindi, come enorme base militare costruita per scoraggiare i paesi confinanti dal perseguire una gestione autonoma delle proprie risorse energetiche. Dall'altra, incarna la traiettoria storica del movimento nazionalista ebraico conosciuto come Sionismo.
Fondato a fine '800 dal giornalista ebreo-ungherese Theodor Herzl come progetto e ideologia di riunificazione nazionale ebraica sotto un unico stato, il Sionismo, osteggiato inizialmente per motivi politici e religiosi dal rabbinato dell'epoca, con l'aumento esponenziale delle persecuzioni anti-giudaiche in Europa finì per guadagnarsi la simpatia di ampi settori delle comunità ebraiche e il sostegno economico e finanziario della Comunità internazionale.
L'idea alla base di tale progetto risultò convincente non solo grazie alla promessa di una soluzione definitiva alle persecuzioni anti-ebraiche, ma anche perché seppe coniugare al classico repertorio narrativo di matrice coloniale (razzismo, suprematismo etnico e culturale, ecc.), già visto all'opera in Africa e nelle Americhe, una declinazione religiosa del progetto di insediamento. Al popolo ebraico, il popolo senza terra condannato alla diaspora dal Dio del Vecchio Testamento, veniva rinnovata dai sionisti la promessa di una terra nullius da abitare, un territorio sicuro in cui avrebbe potuto finalmente prosperare senza persecuzioni.
La pulizia etnica che si abbatté sui palestinesi tra il 1947 e il 1948 e che continua ancora oggi in modalità genocidarie a Gaza e in Cisgiordania non si spiega senza comprendere il nucleo programmatico del sionismo, ovvero la negazione dell'esistenza della popolazione nativa anteriore all'arrivo dei colonizzatori con il fine di operare manu militari una vera e propria sostituzione etnica. L'apartheid, il furto di acqua e la demolizione delle case, la carcerazione di massa e le uccisioni sommarie, la negazione dei più elementari diritti umani, e infine il genocidio come momento risolutivo, sono tutte tecniche finalizzate ad espellere i palestinesi dalla propria terra per realizzare il progetto sionista di uno stato ebraico senza arabi